Ad un recente incontro ho sentito di nuovo parlare di Victim Blaming, l’odiosa consuetudine di accusare la vittima di una violenza sessuale di averla provocata con il proprio comportamento.
Come sempre mi chiedo: ma davvero il modo in cui una persona è vestita può essere quello che scatena uno stupro?
Subito mi ricordo che esistono – all’estero più che in Italia, e non è difficile indovinare il perché - campi naturisti, spiagge naturiste. In questi luoghi la donna se ne sta lì, nuda e distesa al sole.
Ad ascoltare i sostenitori di questa teoria, in quei posti ci dovrebbe essere una percentuale di violenze e molestie altissima, ottanta, novanta per cento.
Perché invece non è così?
Perché lo stupro, la molestia, in realtà non sono un’espressione di sessualità, di desiderio, ma di potere; potere patriarcale.
Lo stupro significa - sul tuo corpo voglio decidere io, ti penetro anche se tu non vuoi, ti tocco anche se non lo desideri-
Gli stupratori non sono mostri che non sanno contenere il proprio desiderio, da castrare chimicamente; quale follia, paragonabile a una mutilazione. Diciamolo, da uomini: non c’è nulla nella sessualità maschile di così urgente, così impellente da spingere alla violenza.
Questa è una narrazione che però fa comodo a molti uomini, i quali preferiscono relegarli a “spazzatura umana” da eliminare, piuttosto che accorgersi che i semi del sopruso e della violenza son anche dentro di loro, in quel modo di vedere che si rifiutano di cambiare.